Si è detto e si è scritto molto sulla Patagonia e la Terra del Fuoco, tanto che crediamo di conoscerle a fondo e di poterle ingabbiare in alcune semplici definizioni. Invece basta voltare gli occhi, scegliendo un punto di vista inedito, per veder apparire realtà e panorami nuovi e sorprendenti.
La Patagonia, di terra
Patagonia è sinonimo di grandi distese di terra battute dal vento, di strade che corrono verso sud senza interruzioni per centinaia di chilometri, dove vivono grandi mandrie, enormi greggi, guanachi e condor. Percorrendo la mitica Ruta 40, dal finestrino di un fuoristrada 4×4, la Patagonia argentina appare come una tundra infinita dove sono custoditi boschi pietrificati vecchi di milioni di anni. Nell’antichità qui c’è sempre stata vita, e che vita!
In Patagonia i paleontologi hanno infatti ritrovato numerosi scheletri di dinosauri di dimensioni impressionanti, ma la scoperta più sensazionale è stata fatta poco più di un anno fa: in una sperduta fattoria vicino a Chubut è stato rinvenuto l’imponente fossile del più grande dinosauro di cui si abbia notizia (battezzato poi Titanosauro di Chubut), un gigante lungo 40 metri, alto 20 e pesante circa 69 tonnellate. La scoperta è straordinaria e gli studiosi ritengono che si tratti del più grande animale che abbia mai camminato sulla Terra.
Anche l’uomo ha sempre vissuto qui e le emozionanti pitture rupestri nella Cuevas de las Manos ne sono una testimonianza: sulle pareti di una caverna nei pressi di Bajo Caracoles, sempre lungo la Ruta 40, sono infatti impresse immagini di mani – spesso in negativo – di colore rosso, bianco, nero e ocra, che facevano forse parte di un rito di passaggio che sanciva l’ingresso dei ragazzi nell’età adulta. Spostandosi sulla costa dell’Atlantico troviamo un ambiente semi-desertico, inospitale per l’uomo ma non per i tantissimi animali che, anche a queste latitudini, trovano un habitat ideale. Ad esempio, sull’Istmo Carlos Ameghino, che precede la Penisola di Valdes, si possono avvistare numerose specie di uccelli e una fauna marina esuberante: elefanti e leoni marini, branchi di balene grigie e orche che si spingono fin qui per partorire i loro cuccioli.
A Punta Tombo si trova invece la più grande colonia di pinguini Magellano di tutto sud America: oltre 500.000 pinguini che dipingono una macchia bianca e nera che si estende per chilometri e che accoglie anche gabbiani, colombi antartici, anatre, cormorani, gabbianelle e curiosi delfini che si avvicinano alle coste in cerca di cibo.
E quasi all’estremità sud della Patagonia, non lontano dal Canale di Magellano, si trovano i simboli naturali di questa terra meravigliosa: i grandi laghi glaciali e i ghiacciai, in particolare il celebre Perito Moreno, gigante azzurro di oltre 250 km2 in continuo e lento movimento, e il mastodontico Hielo Continental, il più grande ghiacciaio del mondo, che tuffa le sue ultime propaggini nel Lago Argentino.
La Terra del Fuoco, d’acqua
A sud dello stretto di Magellano tutto cambia, con fiordi e ghiacciai, montagne innevate, boschi subantartici, insenature rocciose dove vivono colonie di cormorani e pinguini di Magellano, mentre molto più giù, nell’estremo lembo di terra di Capo Horn, l’unico segno di vita è dato da un faro, abitato da uno stoico guardiano e dalla sua famiglia: alla fine del mondo, in una casetta immersa fra le nebbie e frustata da venti gelidi che arrivano fino a 200 km/h, questo soldato dell’esercito cileno presidia l’ultimo avamposto di civiltà prima dell’Antartide.
Anche i ghiacciai qui sono più spettacolari che altrove: le nevi perenni del Condor e del Pia, ad esempio, hanno l’aspetto di gigantesche lingue di ghiaccio che, partendo dalla cordigliera, scivolano lenti in mare sparpagliando nell’acqua gelidi batuffoli bianchi dall’apparenza soffice e delicata.
La Terra del Fuoco, un cuneo roccioso che si spinge verso l’Antartide, vive straordinariamente in simbiosi con l’acqua, che la attraversa e le dà forma, modellandone i confini. Per scoprire questa terra nella parte ancora inesplorata dal turismo di massa è necessario salire a bordo di una confortevole imbarcazione e insinuarsi fra le rocce e gli isolotti che emergono fra i flutti, proprio come fecero i primi esploratori, che giunsero fin qui alla ricerca di un passaggio breve per le Indie e trovarono invece una terra aspra e inospitale, con una fauna ricchissima e un ambiente naturale intatto, abitata da popolazioni indigene totalmente sconosciute.
Molti dei canali, dei fiordi e degli stretti di questa zona sono stati battezzati con i nomi di questi uomini temerari, quasi un monumento all’eterna memoria: lo Stretto di Magellano, il Canale di Murray e quello di Drake, le isole Lennox e Picton per fare solo qualche nome, si succedono come in uno straordinario libro di storia.