di Gian Basilio Balloi

Ci sono i viaggi che si scelgono e quelli che ti scelgono. Questa volta è andata così. Stanco, demotivato, stressato, una sera a lavoro in turno notturno, mentre prestavo il servizio di guardia medica, la Thailandia mi ha sussurrato: “Vieni da me!”. La “Terra degli uomini liberi”, la nazione che nel mappamondo ha la forma della testa di un elefante. Prenoto in quell’istante stesso il viaggio senza sapere bene qual è il mio budget. Nonostante abbia scelto un tipo di viaggio con i costi mediamente alti (non avendo il tempo da dedicare all’organizzazione di un viaggio in solitaria), trovo un gruppo con cui ho la garanzia di viaggiare con comodità, senza percorrere le vie del turismo di massa, scoprendo luoghi altrimenti difficili da raggiungere e facendomi rapire dalla vera umanità che popola i paesi che desidero scoprire. Passa poco tempo e i bagagli son presto fatti: in valigia metto tanti giocattoli e nello zaino il necessario. Cagliari-Fiumicino-Il Cairo-Bangkok. Un duro viaggio di andata per le ore passate in aereo e nei vari scali. Poi Bangkok: città dalle mille contraddizioni, ricchezza e povertà, grattacieli e baraccopoli, lusso sfrenato e topi che metterebbero in fuga anche i gatti più coraggiosi. E poi quei tramonti lenti, caldi, che inondano il cielo di un rosso arancio che ti scalda il cuore. La notte è un tripudio di gente che compra, vende, mangia, ride, mendica, contratta. Io ed il mio gruppo composto da 11 persone, curiosi di vedere la città dall’alto nella sera (ormai notte), facciamo la nostra prima tappa allo Sky Bar non troppo lontano dal nostro albergo.

Veduta di Bangkok

La mattina successiva visita al mercato del treno, dopo una levataccia, che ci fa scoprire i primi odori della città. Il mercato sorge lungo la ferrovia e al passare del treno gli ambulanti scansano di poco la mercanzia e spostano le tende durante l’incessante fischio del treno che in quel tratto cammina a passo d’uomo. E’ poi la volta del mercato galleggiante: in un dedalo di canali si anima un mercato, a cui si accede tramite delle barche prese a noleggio, guidatore incluso. Solo lui potrebbe muoversi in una bolgia di rumori di motori roboanti adattati a queste imbarcazioni in legno molto suggestive. Col pulmino preso a nolo, la nostra guida ci porta fino alle cascate del parco di Erawan. Belle e fresche dolci acque ci accolgono in pozze abitate da pesci golosi delle nostre pellicine, che solleticano un po durante il loro “curettage”, ma a volte fanno un pochino male. Le cascate sono a gradoni e un idromassaggio sotto l’acqua che cade dall’alto è tonificante e defaticante.

Cascate di Erawan

Prossima tappa: Ayuttaya, meravigliosa cittadina dove sorgono delle rovine di antichi templi che visitiamo con la bicicletta presa a nolo nel nostro stesso alberghetto. Mi godo il parco in solitudine, mentre il sole inizia a tramontare e le sculture del Budda ed i templi hanno una suggestione che è difficile da descrivere. Sono lontano da casa, ma mi sento a casa, come se lì ci fossi stato mille volte, come se il profumo del frangipane fosse il mio stesso odore.
A cena, in un grazioso localino sulla via principale, gustiamo piatti tipici anche se io ancora ho qualche difficoltà a digerire le troppo speziate pietanze del posto e spesso devo rimediare con della macedonia. Dalla proprietaria, una ladyboy dalle maniere gentili e sempre sorridente, acquisto alcuni quadri fatti da lei, esposti nel locale: tipici Budda, ma dal sorriso rassicurante, accondiscendente, quasi benedicente. Dopo cena provo il famoso massaggio Thai total body mentre il resto della compagnia opta per il massaggio ai piedi. Un’esperienza rigenerante per tutti.
Il nostro itinerario prevede di dirigerci verso nord, fino al “Golden Triangle”, il Triangolo d’Oro dove Myanmar, Laos e Thailandia confinano, per poi prendere un volo interno che ci porti nella costa orientale e visitare le spiagge ed il magnifico mare.

Il tempio delle scimmie di Ayuttaya

Arriviamo così Chiang Mai, con una prima visita al giardino delle orchidee e alla “Butterfly farm”. Grazie alla clonazione, la Thailandia è la prima nazione al mondo produttrice di orchidee, esportate in tutto il mondo. La varietà di questo bellissimo fiore è incredibile, con esemplari rari, dai colori più diversi e forme singolari, così come innumerevoli sono gli habitat cui la pianta si adatta ed i terreni di coltura. A dispetto della bellezza la pianta necessita veramente di poco per vivere. Anche le farfalle mi affascinano: colorate, aggraziate, si fanno fotografare come fossero star in un giardino chiuso con migliaia di fiori variopinti dai quali suggono il nettare.
Ma di Chang Mai la cosa che più mi incanta sono gli elefanti. Grandi esseri della terra, addomesticati da secoli dall’uomo, si lasciano coccolare ed accarezzare mentre loro, curiosi, con la loro proboscide ti annusano, ti sfiorano, ti prendono con delicatezza ciò che gli offri. I loro occhi parlano. Non si può restare indifferenti davanti a questi animali: si crea quasi un dialogo fatto di sguardi e di sussurri, di gesti che sembrano quasi rito, preghiera. Poco distante le rapide del fiume ci offrono la possibilità di un rafting e dividendoci in tre squadre facciamo gara a chi arriva prima al traguardo, attraversando dei punti in cui si rischia veramente di finire tutti in acqua. Ma nessun pericolo: abbiamo casco e giubbotto. Tra le rive ci sono piccoli villaggi, e bambini che fanno il bagno nelle pozze d’acqua. Ci salutano coi loro sorrisi. Intanto la mia squadra si aggiudica il primo posto così come, successivamente, quando ci imbarchiamo in zattere di bambù con le quali percorriamo l’ultimo tratto del fiume, decisamente più tranquillo mentre qualche elefante pascola incurante sulle sponde.

Escursione in sella all’elefante a Chiang Mai

E’ a Chang Rai però che vivo una delle esperienze più belle della mia vita: in un villaggio al quale arriviamo tutti stanchi dopo circa tre ore di salita su un sentiero ripido e polveroso, veniamo accolti da una piccola ciurma di bambini mezzo nudi e dello stesso colore della terra rossa che ha iniziato a colorare pure noi. Qui passeremo la notte, dopo una doccia fredda, un’abbondante cena a lume di candela in una capanna con una terrazza che domina sulla foresta. Si sta così bene, lontano dal caos, dai rumori dell’uomo, dai pensieri. Si crea col gruppo maggiore intimità, si gioca con le luci, mentre lentamente una luna gigante smorza l’oscurità che va calando. Stanchi, i miei compagni si ritirano in un’unica camerata, dotata di materassi a terra e zanzariere, mentre io opto per dormire fuori, vicino la fuoco, dentro il mio sacco a pelo. Ascolto per ore i rumori della foresta, tanto forti che così non li avrei mai immaginati: uccelli di ogni tipo, scimmie, cicale e altri milioni di insetti, i cani del villaggio che inseguono altri cani di chissà quale villaggio, grugniti di maiali. Tutti hanno il loro canto per onorare la “mia” notte. Di fatto sto sveglio tutto il tempo, ad ammirare la luna piena e le stelle mentre strappi di nuvole chiare evaporano nel cielo veloci.

Foto di gruppo a Chang Rai

Il giorno dopo siamo già diretti per Krabi tramite un volo interno e successivo spostamento a Ko Lanta, verso sud, nella zona peninsulare ed insulare della nazione. I giorni che seguiranno saranno di puro relax, in cui ci rilassiamo ed abbiamo modo di conoscere i vari localini lungo la spiaggia dove si mangia con pochi euro. Facciamo lunghe camminate sulla spiaggia, ammiriamo tramonti sul mare, giochiamo, visitiamo le isole più vicine alle quali si arriva noleggiando dei barconi tutta una giornata. La più suggestiva è Maya Bay, ma troppo affollata tanto che tutti i visitatori stanno in piedi e si deve persino pagare un ticket di ingresso. Noi scegliamo le Phi Phi island, dove il turismo di massa in questa stagione non intacca la nostra tranquillità. Passo il tempo a raccogliere semi e osservare la fauna, variegata, variopinta, singolare. Tra un bagno e l’altro nel mare turchese, ammiro la spiaggia di una sabbia finissima e bianca. Così mentre i miei compagni di viaggio giocano in una piccola baia solitaria, io passo il tempo nella mia spiaggetta solitaria con altalena, amaca, tanta vegetazione, e paguri curiosi che mangiano di buon grado le mie scorte alimentari. Poi tante nuotate e gli scatti ad una bellissima medusa che vaga tra le acque calde della baia. La barriera corallina non offre tanto, probabilmente lo tsunami ha alterato per sempre questo fragile ecosistema ed il turismo di massa con le barche a motore non agevola la lenta ricrescita del reef.

Bagno a Phi Phi Island

Passano i giorni in questa isola così simile a quello che nell’immaginario collettivo ha il vero significato di vacanza, che ormai è tempo di partire. Diciasette giorni son volati. Prendiamo il treno che da Ko Lanta parte per Bangkok e tutta la notte la trascorriamo in viaggio. Comodo e tutto sommato pulito. In aereoporto è la malinconia il sentimento che prevale. Soprattutto quella di lasciarci alle spalle dei giorni passati a scoprire il mondo con occhi nuovi, quella di staccarsi dai compagni così cari e simpatici, quella di tornare ad una vita che in poco tempo ci avrà divorato tra le sue spire. Thailandia, terra degli uomini liberi, ci hai accolto ed ora sei un po’ nostra.