A guardarlo dall’alto il parco nazionale dello Tsingy sembra davvero una foresta di pietra. Una specie di Narnia pietrificata, uno scorcio fuori dal tempo, dal quale ti aspetti che possa uscire da un momento all’altro la strega cattiva con la sua schiera di creature tenebrose. Agli abitanti del Madagascar questa porzione di isola, per secoli inesplorata, evoca spettri e incubi, per ricercatori e naturalisti è il giardino dell’eden.

In lingua malgascia il termine Tsingy si utilizza per indicare questo particolarissimo tipo di rilievo. Una parola che deriva dal termine “mitsigitisigina”, letteralmente camminare in punta di piedi, ovvero l’unico modo per potersi spostare in maniera indolore tra le lame di pietra affilate come coltelli. Il massiccio carsico di Beharama si sviluppa, da nord a sud, a circa 80 km dalla costa occidentale, alla stessa altezza della capitale Antananarivo. Agli occhi di un uomo privo di moderne tecnologie può sembrare una fortezza inespugnabile, che in realtà può essere quasi interamente attraversata seguendo i canali e le falesie scavate nel tempo dalle acque del fiume Manambolo. Anche se, la reale nascita dell’altopiano risale all’epoca della deriva dei continenti e della formazione della Terra per come la conosciamo noi. Otto milioni di anni fa quando l’isola cominciava a sollevarsi, questa formazione calcarea ha iniziato ad essere modellata dall’azione di pioggia e vento, che unita ad altre specifiche condizioni metereologiche ci hanno regalato questo spettacolare ambiente naturale.

L’esplorazione dello Tsingy, incontaminato fino al ’93


Quello che sappiamo sullo Tsingy lo dobbiamo all’esploratore francese Jean-Claude Dobrilla, che nel 1993 ha deciso di avventurarsi per primo in quella che era una delle pochissime aree ancora inesplorate del mondo. Da allora il team francese ha esplorato circa 200 grotte e mappato più di 100 km di gallerie. Le scoperte in questi anni si sono succedute una dietro l’altra, soprattutto quelle riguardanti l’incredibile biodiversità che popola questo singolare habitat. Oltre agli immancabili lemuri, l’altopiano è abitato anche da ragni, rettili, scorpioni e pipistrelli. Se da un lato aspettarsi la presenza di animali era lecito (caverne e grotte di tutto il mondo ospitano queste specie), quello che incuriosisce maggiormente sono le tecniche di sopravvivenza messe in campo dalle piante che colorano lo Tsingy. Scoprire come riescano gli alberi a superare la stagione secca (che può durare fino a 7 mesi senza una goccia di pioggia) o come possano assicurarsi la luce nelle profonde gole calcaree, è uno dei più sorprendenti spettacoli del Bemaraha.

Una foresta tropicale a 30 metri di profondità

Ai piedi delle guglie appuntite dell’altopiano si sviluppa una foresta tropicalesotterranea”, in pochi altri posti al mondo si può passare in soli 30 metri dal deserto “lunare” alla foresta pluviale. Se muoversi in superficie è estremamente complicato immaginate cosa voglia dire spostarsi nei cunicoli stretti dello Tsingy occupati dalla fitta vegetazione, motivo per il quale per secoli è rimasto un paradiso incontaminato della biodiversità. La definizione migliore per lo Tsingy non a caso è sempre stata “una fortezza di roccia che protegge un paradiso naturale unico al mondo”. Il mondo sotterraneo del parco non fa eccezione alla stranezza della superficie, dove piante e animali hanno sviluppato caratteristiche peculiari per poter sopravvivere. Gli animali più presenti nel reticolato cavernoso dello Tsingy sono i pipistrelli. Percorrendo le caverne curioso osservare ampi tratti di soffitto bucherellati da centinaia di nicchie nella roccia, un fenomeno di erosione singolare causato proprio dai pipistrelli. I simpatici mammiferi volanti aggrappandosi sempre nello stesso punto, con i loro spruzzi di urina, combinati con l’azione dell’anidride carbonica hanno disgregato lentamente la roccia creando questi curiosi buchi nella volta.

Visitare lo Tsingy e dormire nel Parco

Già dal 1927 l’area dello Tsingy è una riserva naturale protetta, dichiarata nel 1990 patrimonio dell’Unesco (primo sito di tutto il Madagascar a meritarsi la nomina), ma è comunque possibile visitarlo e fare dei veri e propri trekking da avventurieri sia lungo i canali verdeggianti che in superficie. Il parco si raggiunge solo con auto 4×4 dalla città di Morondava, anche se la strada non è proprio delle migliori arrivare alle falde dello Tsingy è abbastanza agevole, una volta sul posto arriva il bello. Il parco si visita a piedi (sempre con guida al seguito) e si può scegliere tra numerosi percorsi con diversi gradi di difficoltà e fatica. Il consiglio è quello di addentrarsi nei canyon per vivere l’atmosfera unica della foresta sotterranea dove non sarà per niente difficile incontrare gli abitanti della foresta: lemuri, lucertole, anfibi, ragni e pipistrelli. Per poi concludere la visita in superficie per godere degli scenari mozzafiato dell’altopiano. Particolarmente suggestivi sono i passaggi sui ponti sospesi che collegano i costoni rocciosi, per una passeggiata avventura  in perfetto stile Indiana Jones.

Dall’istituzione del Parco di Tsingy Bemaraha (1994 ndr.) ad oggi si è sviluppato un certo turismo di avventurieri e trakker da tutto il mondo, motivo per il quale sono sorti alle pendici dell’altopiano anche delle strutture ricettive dove è possibile pernottare per poter allungare la visita al parco oltre la canonica escursione (cosa estremamente consigliata, vista la moltitudine di sentieri e percorsi da provare lungo l’altopiano). Pernottare alle soglie del parco in un’area disabitata e selvaggia è un’esperienza unica nella vita, già solo l’incredibile spettacolo offerto dalla volta celeste e dalle stellate dello Tsingy è un ottimo motivo per pernottare nel parco.